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Scuola: fare comunità

oltre l’emergenza

Durante la pandemia abbiamo assistito all’esplosione di nodi già critici nel sistema scolastico e, parallelamente, abbiamo ammirato alcune storie che hanno mostrato come la comunità si sia attrezzata per costruire soluzioni. Ne parlano le nostre consulenti per lo sviluppo di Comunità Agnese Gagliardo Corsi, Giuliana Fornaro e Arianna Pagliaccia

Produzione di proprietà di DialogicaLab

1. I rischi per i cittadini di domani

Sono ormai sotto gli occhi di tutti le ripercussioni della pandemia da Covid-19 sull’intero sistema scolastico. In particolare preoccupano i dati sull’aumento della dispersione scolastica e l’accrescimento della povertà educativa. Le indagini svolte da Save the Children, “I giovani ai tempi del coronavirus”[1] (indagine condotta su studenti dai 15-18 anni), e da Sant’Egidio, progetto “Valori in circolo”[2] (inchiesta tra alunni dai 6 ai 14 anni seguiti dalle scuole della pace di Sant’Egidio) indicano, nella chiusura delle scuole e nelle restrizioni per la scuola in presenza, il rischio di compromettere il successo formativo degli studenti. Questa incertezza, derivata dal continuo aprire e chiudere le scuole e dai diversi cambiamenti portati dai DPCM [3], se non governata rischia non solo oggi, ma soprattutto nel futuro, di aggravare le diseguaglianze e aumentare il disagio di studenti e famiglie già messe a dura prova dalle conseguenze della pandemia. Di seguito si mettono in evidenza due aspetti chiave:

  • I dati delle ricerche citate pongono in luce come questo periodo storico - che ha demolito le nostre certezze sul modo di procedere - abbia contribuito a scoprire ulteriormente dei nodi già critici della scuola. Tra queste, la difficoltà a promuovere i processi inclusivi in particolare per gli alunni più fragili (si veda a titolo esemplificativo il report dell’Istat “L’inclusione scolastica degli alunni con disabilità – A.S. 2019-2020”[4]), la fatica a utilizzare in modo sistematico modelli formativi e valutativi coerenti con l’obiettivo della scuola di promuovere competenze chiave di cittadinanza e la complessità nel gestire richieste/vincoli normativi in modo che non siano d’ostacolo allo sviluppo del sistema scuola. Queste fragilità generano le problematiche di cui si è discusso molto in quest’ultimo anno: basti pensare agli studenti che abbandonano la scuola e vanno a lavorare per contribuire all’economia familiare, ma a quale costo per il loro futuro?  Inoltre, il fenomeno dell’istruzione parentale sta diventando una scelta per molte famiglie con alunni con disabilità, portando a indubbie ricadute sul futuro dell’inclusione scolastica. Le stesse ricadute riguardano anche tutti quegli alunni che ancor oggi sono disconnessi e che quindi non possono accedere alla DAD[5] e che si rischia di perdere. Se non si riesce, da oggi, a governare questa incertezza, le conseguenze potrebbero protrarsi nel futuro anche quando il coronavirus non sarà più un pericolo, rischiando di avere un numero sempre più alto di cittadini che non sono formati sia rispetto ad un livello adeguato di istruzione sia rispetto all’essere in grado di contribuire alla propria comunità.
  • La pandemia ha fatto venir meno le consuetudini legate al modo di governarsi della comunità scolastica, e questo ha in molti casi generato delle difficoltà a ragionare nella direzione di un obiettivo comune per i diversi attori che la compongono. Si pensi ad esempio alle lezioni in DAD che in questo periodo vengono richieste dalla normativa per gli studenti che sono costretti a seguire le lezioni da casa, mentre altri compagni sono in presenza[6]. Da una parte i genitori chiedono alla scuola di non far rimanere indietro i loro figli, e dall’altra gli insegnanti rilevano la difficoltà a gestire simultaneamente una classe in presenza e degli alunni a distanza. Il rischio è che, rispetto agli studenti che non sono a scuola, ci si concentri su un piano solo didattico e che non si faccia un ragionamento comune che porti a mantenere saldo l’obiettivo di sviluppo di competenze di tutti gli alunni, anche quelli che per tanto tempo non presenziano fisicamente a scuola.

2. Esperienze virtuose: laboratori di comunità

Nella congiuntura storica attuale – come sopra descritto -  la scuola si è trovata a dover fronteggiare una serie di imprevisti: la didattica a distanza, e più recentemente una didattica in presenza con nuovi vincoli. Questa situazione, se da una parte ha portato all’apertura di voragini quali l’aumento della dispersione scolastica e della povertà educativa, dall’altra ha condotto ad esperienze che hanno trasformato le varie problematiche in soluzioni possibili e in nuove idee nel modo di fare scuola e comunità. La peculiarità di queste storie sta negli insegnamenti di metodo che offrono, i quali restituiscono alla scuola un ruolo centrale nell’incoraggiare la coesione tra i vari attori (studenti, famiglie, associazioni, territorio etc.) e nel promuovere occasioni per sviluppare competenze chiave di cittadinanza.

Osservando infatti da vicino alcune di queste esperienze virtuose è possibile mettere a fuoco ingredienti comuni, utili a costruire buone prassi valevoli anche per il futuro, che si preannuncia tutt’oggi piuttosto incerto.

Storie di come sia stata usata la normativa nella direzione dell’obiettivo della scuola e su come si sia promosso il lavoro di squadra con il territorio

  1. In un liceo milanese, per permettere la riapertura completa della scuola, che necessitava una presenza dimezzata degli studenti all’interno di una stessa aula, la direttrice ha pensato da un lato di trasformare ogni spazio inutilizzato in aule, dove svolgere lezioni e/o studiare, e dall’altro ha aperto una convenzione con un’associazione del territorio (che coinvolgeva degli ex allievi della scuola e degli insegnanti in pensione) per ingaggiare volontari come “coadiuvo degli insegnanti”. Questa scelta ha permesso alla scuola di riaprire a settembre, consentendo agli studenti di ridurre la DAD e di gestire un problema di carenza di organico nato a seguito della necessità di sdoppiare le classi. Gli ingredienti vincenti sono stati la gestione della normativa, piuttosto che una sua esecuzione nei termini di adempimento che avrebbe portato con tutta probabilità alla DAD come unica scelta sostenibile. Ciò è stato reso possibile grazie all’aver messo a fuoco le conseguenti ricadute rispetto all’obiettivo della scuola: promuovere competenze di cittadinanza per ciascun alunno, non lasciando indietro nessuno. È stato quindi visto il rischio che una didattica a distanza potesse lasciare indietro gli studenti, in particolare se protratta troppo a lungo. Inoltre, con l’ingaggio di attori del territorio esterni alla scuola, si sono ampliati i confini della scuola, valorizzandoli come risorse in grado di dare un contributo cruciale.
  2. In una scuola romana, quando sono arrivate le prime indicazioni ministeriali sul distanziamento delle aule, un insegnante ha avuto un’idea: invece di cambiare tutti i banchi biposto della scuola, segarli in due, avvalendosi della collaborazione di una ditta del territorio che si trovava in difficoltà a causa del lockdown. Il risultato è stato quello di disporre dei banchi necessari, senza sprechi e ad un costo inferiore. Nel gestire questa situazione, la normativa ministeriale è stata usata, ma anche in questo caso invece che porsi come esecutori di un mandato, si è pensato a quali ricadute avrebbe potuto avere una scelta nei termini di sostenibilità per la scuola e per la comunità, e si è pensato a una soluzione alternativa, avvalendosi anche della collaborazione di una realtà del territorio in difficoltà economica, permettendo in un colpo solo di gestire due situazioni complesse. Anche in questo caso i confini della scuola si sono mossi, considerando delle realtà territoriali come parte dei propri problemi e delle relative soluzioni. 
  3. Molti sono stati i progetti in cui gli attori del territorio hanno fatto rete cercando di fare perno sui legami della comunità per garantire un’educazione di qualità come bene comune. Alcuni esempi sono il progetto FA.CE (“Farsi Comunità Educante” progetto finanziato con il fondo per il contrasto della povertà educativa minorile[7]) presente in più territori che ha promosso uno snodo in grado di fornire gratuitamente consigli e informazioni alle famiglie del territorio. Ciò ha permesso alle famiglie di rimanere in contatto e confrontarsi continuamente con il personale scolastico, i pediatri ed esperti di vari ambiti, oltre ad essere sostenuti durante i periodi di quarantena. 
  4. In una scuola elementare del milanese, quando recentemente sono arrivate le indicazioni ministeriali che permettevano nuovamente ai bambini di giocare con la palla, ma non a calcio, una maestra ha deciso di ingaggiare i suoi alunni per trovare dei giochi alternativi che permettessero di utilizzare nuovamente la palla, pur nel rispetto della normativa. L’operazione che è stata fatta è anche in questo caso quella di gestire la normativa in modo da farla diventare un’occasione per perseguire tramite nuove strade l’obiettivo della scuola, di promuovere competenze chiave di cittadinanza, in questo caso sviluppare nello specifico la competenza degli studenti di ideare regole condivise e da tutti riconoscibili, anzichè prescritte da altri. 
  5. In altri territori si sono create delle collaborazioni molto forti tra Protezione Civile, scuola, Servizi alla Persona, associazioni di familiari e altri soggetti del terzo settore, per arrivare e sostenere quelle famiglie svantaggiate che la didattica a distanza ha tralasciato. Il risultato è stato quello di non fermare la scuola anche in un momento difficile, riaffermandola come bene comune, come luogo di dialogo e di partecipazione e come servizio per la comunità. Gli ingredienti vincenti infatti, sono da un lato la capacità di fare squadra, mettendo a disposizione il proprio contributo specifico per un obiettivo comune e dall’altro il riconoscere la scuola non solo come il luogo dell’istruzione e della formazione dei giovani, ma come snodo strategico del territorio in cui fare comunità.

Storie di come le nuove tecnologie siano diventate una strategia al servizio dell’obiettivo e del lavoro di squadra tra gli attori scolastici

La stessa DAD, vista per lo più come disgregante per le relazioni, da alcuni è stata utilizzata in modo innovativo nel perseguire il compito sociale e formativo del “fare scuola a distanza”. Molti insegnanti hanno provato ad utilizzare gli strumenti digitali per rafforzare il percorso di apprendimento (come ad esempio l’utilizzo dei media per motivare all’approfondimento, si pensi ad esempio alla RAI che ha messo a disposizione piattaforme e materiali per insegnanti e studenti, come RAI scuola e RAI Education) e dall’altro lato hanno cercato di mantenere viva la comunità di classe, di scuola e il senso di appartenenza, combattendo il rischio di isolamento e di demotivazione. Ne sono esempio i diversi progetti che hanno coinvolto in primis gli studenti (es. gruppi studio su piattaforma, Challenge scolastiche, blog di istituto etc.), il rafforzamento della collaborazione con le famiglie che ha permesso alla scuola di entrare in casa, e non di meno il lavoro di rete tra specialisti e scuola, dove il mezzo digitale ha facilitato gli incontri. Alcune conquiste sicuramente non saranno abbandonate anche quando la scuola tornerà completamente in presenza: l’utilizzo dei libri digitali, con preziose risorse che le case editrici si sono affannate a proporre per vincere la concorrenza, l’utilizzo di piattaforme come Classroom e simili, diverse modalità di valutazione (anche online)[8], la realizzazione di incontri con esperti esterni a distanza, rendendo accessibili alle classi voci con cui interagire da qualsiasi continente, la condivisione di materiali e della loro produzione cooperativa. Gli ingredienti vincenti sono stati:

a) il trasformare la problematica della didattica a distanza, nella sperimentazione della scuola a distanza, chiedendosi dunque come mantenere il focus sull’obiettivo di promuovere le competenze chiave di cittadinanza anche tramite l’utilizzo delle nuove tecnologie;

b) il rafforzamento della collaborazione tra tutti gli attori.

3. Da storie spontanee a metodo replicabile

Le esperienze di cui abbiamo raccontato ci rimandano che non è pensabile gestire l’incertezza di questo momento con le stesse modalità con cui siamo stati abituati nel periodo precedente la pandemia. Cercare di riorganizzare la vita scolastica tale e quale ad allora non aiuta e come si è visto catapulta nel caos e nella frammentazione, perché ciascuno si muove da singolo, perdendo la visione d’insieme. Il punto critico è quindi quello di cercare di far convergere le interazioni degli attori della comunità scolastica verso un obiettivo comune: sviluppare competenze chiave di cittadinanza nei cittadini di domani. Negli esempi riportati si trovano diversi riferimenti trasversali alle specifiche scelte che da un lato aiutano a direzionarsi verso l’obiettivo comune e dall’altro permettono di pensare ad una proposta spendibile anche nel futuro, in quanto più solida, proprio perché in grado di governare e uscire dall’incertezza. Proviamo a riprendere alcuni di questi riferimenti trasversali:

a) Il riferimento continuo all’obiettivo della scuola ha orientato nel costruire strategie inedite per perseguirlo. La questione non era tanto “come posso fare per fare scuola come prima”, quanto invece “cosa possa fare all’interno del caos per continuare a rispondere all’obiettivo delegato”.

b) L'utilizzo della normativa sforzandosi di pensare a delle soluzioni che la concepiscano come strumento direzionato all’ obiettivo sopracitato, più che limitarsi ad aderire ad essa, oppure considerarla un’impasse che mantiene la problematicità.

c) Il concentrarsi nel promuovere un assetto interattivo che consenta a tutti gli attori interni di contribuire, in base al proprio ruolo specifico, al perseguimento e allo sviluppo degli obiettivi comuni. In altri termini fare perno sulla forza interattiva di studenti, insegnanti, genitori, specialisti che seguono gli studenti dentro e fuori dalle mura scolastiche, e sulla possibilità di ciascuno di loro di contribuire.

d) L’aver compreso che la scuola è un punto nevralgico per lo sviluppo della comunità e di conseguenza aver aperto i propri confini, facendo co-abitare questo spazio a diversi attori e realtà territoriali, configurandolo così come uno snodo strategico per una partecipazione condivisa e per il bene comune.

e) Potenziare le modalità interattive che la tecnologia ci mette a disposizione come strategia per far convergere verso obiettivi comuni come pensare ad un modo di fare scuola innovativo per il futuro e sperimentare prassi e metodi di gestione delle situazioni di particolare fragilità.

Le storie raccontate e ciò che hanno prodotto non sono state il frutto di imposizioni “calate dall’alto” ed applicate pedissequamente dalla scuola; sono invece un esempio di come “dal basso” si possa innovare, se si considera l’interazione come chiave di volta per trasformare le difficoltà in opportunità, facendosene appunto quel qualcosa che permette di diffondere speranza e orientarci verso il futuro. Di fatto questi ingredienti rappresentano potenti strumenti per contrastare il rischio di frammentazione che un alto livello di incertezza può comportare all’interno di una comunità complessa come quella scolastica.

Muovendosi come squadra, capace di mantenere saldo l'obiettivo e la direzione per seguirlo, sperimentando strategie che le consentano la flessibilità necessaria a navigare fra le correnti, la scuola testimonia che è possibile mettere in campo dei movimenti che governino anche un alto grado di incertezza sociale, ponendosi come un faro capace di dare una direzione alla comunità dell’intero sistema Paese.

 

[1] https://s3.savethechildren.it/public/files/uploads/pubblicazioni/i-giovani-ai-tempi-del-coronavirus.pdf

[2] https://percorsiconibambini.it/valoriincircolo/2021/01/22/ce-bisogno-di-scuola-la-proposta-di-santegidio-per-combattere-la-dispersione-scolastica/

[3] Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri

[4] https://www.istat.it/it/files/2020/12/Report-alunni-con-disabilit%C3%A0.pdf

[5] Didattica a Distanza

[6] Si pensi a quegli studenti immunodepressi e/o alle soglie percentuali (ad esempio del 50% o del 75%) di alunni che possono presenziare in aula nelle Scuole Secondarie di Secondo Grado e che variano periodicamente in funzione del livello dei contagi

[7] https://www.frchildren.org/it/ricerca/progetti/face-farsi-comunita-educanti

[8]  https://www.orizzontescuola.it/la-valutazione-nella-didattica-a-distanza-puo-svincolarsi-dal-voto-ma-implica-una-diversa-metodologia/